Neapolis
Dire che Parthenope è metafora di Neapolis è scontato, ma non per questo riduttivo.
Napoli, città di odi e di amori, di storia e leggenda, di sacrificio e leggerezza, di Oriente e di Occidente, di sacro e profano.
Ebbene questa misteriosa creatura dal ventre di civetta e dal piumaggio bianco e delicato, ma dalla voce forte e metallica, che sa amare senza dimenticare, ma sa anche infuriarsi nell’abbandono, risponde all’immagine di una città la cui essenza rimane intatta nei secoli e nelle vicende che la coinvolgono.
La Napoli di oggi è l’emblema del caos e dell’accoglienza, della leggerezza e della serietà, del fanatismo e dell’eroismo. Come la Neapolis di Nymphios. Unica ed irripetibile.
Vorrei ancora dire tanto altro su questo testo che, vi assicuro, merita.
Vorrei parlare della cultura di Marino, della sua documentazione e della sua cultura formatasi su autori classici come Livio, Dionigi di Alicarnasso, Plutarco ecc.
Vorrei parlarvi delle riflessioni interessanti che egli fa sulla condizione delle donne nel tempo, le donne sannite, quelle greche, quelle romane.
Dei tanti squarci luminosi e attraenti sulle bellezze naturali della città.
Del suo linguaggio, esperto e variegato, che facendo uso di un ampio registro lessicale, si adegua e si adatta alle varie circostanze e ai personaggi.
Ma il discorso diventerebbe troppo lungo. Mentre è preferibile lasciare a voi lettori il fascino della scoperta.
Voglio invece concludere con colei che a mio avviso è l’anima del testo, la musa ispiratrice e la compagna fidata che nell’ombra ha tessuto la sua tela per Marino. Alludo a Susi, la moglie dell’autore, la “tessitrice”, come viene da lui definita, che ha saputo infondergli la serenità giusta per dedicarsi a una tale opera massiccia e la collaborazione attenta per affrontarla. Susi è Parthenope, con il suo fascino e la sua dedizione, il sacrificio e l’abnegazione. Ma Susi è anche Asterope, innamorata e curiosa del cosmo, ed è anche Selene, una donna libera che conserva i tratti dell’orgoglio e della fierezza femminili nella semplicità e nell’immediatezza del fare e del dire.
Conclusioni
Scrive Roberto Saviano: «A me non interessa affatto far evader il lettore. Mi interessa invece invaderlo». E Il richiamo della Sirena ha funzionato, perché mi ha invaso.